Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno approvato il primo trattato per combattere la criminalità informatica, un testo immediatamente criticato dai difensori dei diritti umani e dalle principali industrie tecnologiche che mettono in guardia contro uno strumento di “sorveglianza” globale. Dopo tre anni di negoziati formali e una sessione finale di due settimane a New York, la “Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità informatica” è stata approvata per consenso e sarà successivamente sottoposta all’Assemblea Generale per l’adozione formale.
Il testo prevede in particolare che uno Stato possa, per indagare su qualsiasi reato punibile con almeno quattro anni di reclusione ai sensi della propria legislazione nazionale, richiedere alle autorità di un altro Stato qualsiasi prova elettronica collegata a tale reato e richiedere i dati di accesso. Sarà “una catastrofe per i diritti umani ed è un momento buio per le Nazioni Unite”, ha detto Deborah Brown di Human Rights Watch, descrivendo uno “strumento di sorveglianza multilaterale senza precedenti”.
“Può essere usato per reprimere giornalisti, attivisti, persone LGBT, liberi pensatori e altri, oltre confine”, ha lamentato. In questo contesto, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva espresso serie riserve sul testo, invitando questa settimana gli Stati a “garantire che i diritti umani siano al centro della Convenzione”. “I difensori dei diritti, i ricercatori e i bambini non dovrebbero temere la criminalizzazione delle attività protette.”